SECONDA PARTE
Dopo avervi spiegato in tutti i dettagli possibili come è nato il Villaggio del Touring facciamo un passo in avanti di 8 anni e vediamo come stanno andando le cose…..
Ogni anno sui primi di luglio, la stanzioncina di Ganna, ch’è a mezza via fra Varese e Luino, assiste ad un festoso arrivo che si ripete altre due volte nella stagione, una vispa e stupita schiera di maschietti e di bimbette che, inquadrata da uno stato maggiore di volenterose persone, infila da lì a poco una ombrosa viottola che mena verso l’alto.
Più d’uno che veda questo spettacolo per la prima volta, può credere che si tratti di una della solite passeggiate educative e osservando i corpi gracili e i visi smunti dei piccoli gitanti, è trattato a pensare che chi li guida abbia una fiducia per lo meno esagerata sul rendimento igienico dell’alpinismo, la gente del paese è invece di tutt’altro avviso.

Ebbene si il Villaggio Alpino del Piambello, definito come la colonia alpina più bella…..forse non hanno esagerato, delle cose belle che nascono dalla collaborazione fra la natura e l’opera umana, esso ha tutte le proprietà, anche quella della sorpresa, che invano oltrepassato il paese di Boarezzo e riprendendo l’erta che sale fra selve di faggi e castagni, vi sforzate di scoprirlo da lontano con lo sguardo, tuffato com’è fra il folto del verde in modo ch’esso vi si scopre dinanzi all’all’improvviso meravigliandovi, prima con il suo aspetto leggiadro, col fatto stesso della sua esistenza su quel clivio selvaticamente arruffato di felci, in mezzo a quell’intrico di fronde che intercettano il sole o ve lo fan vedere a frammenti luccicanti come attraverso un capriccioso ricamo.
Ad una svolta dalla carrozzabile militare del Piambello , il Villaggio si preannuncia con un arco che pare trionfale, un'altra curva e siete giunti…Suonate al cancelletto di quel delizioso gioiello che è l’arco Johnson, ed appena entrati vi troverete in un bel viale, il viale Giovanni Chini, a destra del quale ecco la prima villetta del Villaggio, un edificio bianco con un grandissimo portico.
Alla villetta dedicata dall’industriale Giulio Pandini alla memoria del figlio Mario caduto gloriosamente sul Carso, succede un largo, la piazzetta Umberto Grioni, con a sinistra verso valle, il fianco di una seconda villetta, di fronte alla facciata dell’edificio in muratura per i cosiddetti servizi collettivi e accanto, tettoie, rimesse ecc .. A destra la capanna Silva, una graziosa costruzione in legname sul tipo di certe caratteristiche baite, destinata a deposito di legna, nel mezzo una fontana, con la sua vasca, la sua colonna e i suoi zampilli che ricadono e rimbalzano irrorandola.
Dalla piazza protetta verso il declino della montagna da un ringhiera di tronchi e qua e là sparsa di rustiche panchine, s’infila, a sinistra, una corsia ch’è tra il fianco dell’edificio e il prolungamento della rozza balaustrata, ed ecco vi in un secondo piazzale, il largo Marco del Marchi a cui segue immediatamente la piazza Benito Mussolini. Qui è il cuore del Villaggio e visi fa la conoscenza, oltre che diuna terza villetta, di due edifici molto importanti, il padiglione della Direzione e, un po’ più lontana, in posizione elevata, la Madonnina, cioè la chiesa del Villaggio.
Questa è un gioiello, sorge in cima ad una rampa, faticosamente aperta fra la folta vegetazione, e ricorda quei tabernacoli primitivi, eppur così densi di mistico fascino, che i soldati improvvisavano a ridosso delle linee servendosi del materiale offerto dalla montagna.
La rampa fiancheggiata da un muricciolo, sale a spalti come la scalea di un tempio, è veramente a sera, allorché il capitello si illumina di una lampada rossa che diffonde, oltre la grata, una luce di rubino, la suggestione è così profonda che il tabernacolo si trasfigura nell’altar maggiore di una mistica cattedrale, che abbia per colonnato la montagna bruna e per navata il frammento palpitante di stelle.
Un poco più in alto a destra della rampa che porta alla cappelletta, si accede per un vialetto, la salita Arnaldo Gardella, al padiglione-ospedaletto Bertarelli-Johnson, opera scaturita da due forze ideali, la fraterna amicizia che per tanti anni unì Federico Johnson a Luigi Vittorio Bertarelli, e la gentile ansia di affetto per la salute dei piccoli ospiti.
Il poggio che stà davanti all’ospedaletto dal quale l’occhio spazia su di una meravigliosa chiostra di monti è dedicato a Maria Teresa Johnson.
A valle e a nord danno accesso al Villaggio due altri ingressi più modesti, ma sempre in accordo con lo stile alpino delle altre costruzioni.
Dall’ingresso a valle entrano i bambini quando salgono al Villaggio all’inizio dei turni e ne escono a turni terminati, da un grazioso tabernacolo, costruito quasi in prossimità dell’ingresso, una bella Madonna azzurra del pittore Giuseppe Ravanelli sembra essere in vigile attesa dei piccoli ospiti.
Era il 17 Luglio 1921,da quel giorno hanno inizio gli annali del Villaggio
La colonia che nel corso della stagione si era rinnovata due volte, si sciolse il 22 settembre. Mentre al Piambello la neve sopiva la montagna e la fontana si ingemmava di ghiaccioli, a Milano, in Corso Italia, maturavano nuovi disegni per la primavera.
Il 1922 è l’anno benedetto del Villaggio, un nuovo edificio si aggiunge agli esistenti, la villa dell’ampio portico, affettuosamente ideata e vigilata durante la costruzione della’ing. Italo Vandone, benefico asilo che come cantò il Bertacchi in un epigrafe alata come una strofa, Mario Pandini “dall l’alto dell’eroica sua morte al padre orbato inspirò svolgendo il dolore in amore”
La organizzazione si arrichisce di nuovi impianti, dalla cabina trasformatrice dell’energia elettrica alla installazione della luce, dalle docce all’orto, dalla cinta in ferro spinato del parco alla stalla per le mucche, dalla lavanderia al cinematografo, e finalmente, voto lungamente sospirato, la cappella che vigili le giornate dei piccoli coloni, li dispensi dallo scendere ogni domenica a Boarezzo per l’adempimento dei doveri religiosi.
Il Villaggio poteva ora meritare tal nome, accoglieva in sé tutte le installazioni, tutte le provvidenze, tutte le risorse di una piccola città in miniatura.
E ci fù chi pensò che i turni dei piccoli ospiti furono soltanto due nei primi anni, e potevano diventare tre, per pagar d’esempio, chi ebbe l’idea il cav.uff. Umberto Grioni , prezioso amico del TCI, si assunse di sostenere le spese di esercizio del terzo turno da quando esso veniva istituito.
Nel 1927 il Villaggio alpino si arrichì di due altre utilissime costruzioni, il munifico consigliere Gerolamo Serina, assunse interamente a suo carico le spese della costruzione di un secondo acquedotto, elevando per tal modo centomila litri la riserva di freschissima acqua nei mesi di magra delle sorgenti alpine.
Mentre Federico Johnson per onorare la memoria di Luigi Vittorio Bertarelli l’indimenticabile presidente del TCI, gli ha dedicato un bellissimo e utilissimo padiglione per l’assistenza sanitaria dei piccoli.
Nel 1928 si ebbe, con denaro versato da diversi oblatori e col fondo di una piccola società alpina costituitasi alcuni anni or sono fra i direttori del Turismo scolastico della Capanna S.I.L.V.A riproduzioni fedele delle pittoresche abitazioni del Vallese, tutta in legno, con un balconcino graziosamente fiorito, sospesa a mezz’aria sopra quattro giganteschi funghi di pietra, destinata a deposito per la legna da ardere.
Furono inoltre inaugurati l’ingresso e la cappelletta a valle, dono quest’ultima di tr buoni amici del nostro Villaggio, l’architetto Ferdinando Tettamanzi, il capomastro Gaetano Zanzi ed il pittore Giuseppe Ravanelli, e l’anno 1928 si chiuse con un magnifico dono, il dott. Comm. Gerolamo Serina, consigliere e membro della direzione Generale del TCI, già tanto benemerito dal Villaggio, ha voluto dotarlo di un moderno, igienico e artistico edificio per la scuola e se n’è assunta interamente la spesa.
La scuola al Villaggio? Certo il Villaggio alpino del TCI ha anche la sua scuola, che funziona egregiamente durante il periodo invernale. La colonia invernale ? Ma sicuro al Villaggio si passa di sorpresa in sorpresa e tutte belle.
Dal 1928 il Villaggio alpino apre le sue villette a un piccolo numero di fanciulli, scelti fra le famiglie più povere, e li ospita per tutta la durata dell’inverno a scopo di cura preventiva antitubercolare.
LA VITA AL VILLAGGIO
La prima impressione che si prova salendovi è un presentimento di letizia. La letizia è la sua fisionomia, dirò ancora meglio, è il suo clima.
Anche di notte quando tutto è tacito e spento e brilla fra i faggi soltanto il lume della Madonnina, si respira un non so che di gaio e festoso. Si sente che sotto quei tetti è l’innocenza che riposa, l’innocenza che nel sonno rivive le immagini delle sue fanciullesche giornate.
Gli ospiti del Villaggio, siano maschietti o bambine, hanno sempre molto sonno, perciò la sveglia è suonata alle sette. Ma assai prima di quell’ora qualcuno è già in piedi e cammina. Il mattino è tutto un pigolio di uccelli fra le foglie lucide di guazza. La fontana canticchia sottovoce, è una fontana educata, come educati sono i personaggi che hanno la loro dimora li accanto, Toti, un magnifico cane lupo Siberiano, grande amico dei fanciulli, e Stelvio un bellissimo San Bernardo, dallo sguardo dolce e dalla mole imponente.
Il destarsi della vita al Villaggio è un quadretto pieno di poesia. La direttrice ascolta anzitutto il rapporto (quasi sempre negativo) dell’infermeria, poi entra in punta di piedi nelle villette, interroga le “mammine” (sono tutte volontarie che anche senza aver seguito corsi di maestra si intendono,e molto di pedagogia) quindi corre ad ispezionare le cucine, dove il latte già fuma nelle panciute marmitte.
Tutto è pronto sono le sette…Allora… nell’aria tersa squilla un accordo di note di argento, la campana della Madonnina saluta il giorno e chiama i bimbi alla luce e alla vita.
Intanto nelle linde e chiare camerate è un affaccendamento pittoresco di personcine seminude che compiono con destrezza e con garbo le singole operazioni del proprio abbigliamento, alcune per loro tutte nuove, quanto fiato devono usare le “mammine” nei primi giorni, perché certe operazioni, come ad esempio la pulizia della bocca non siano una formalità o un atto di convenienza, ma diventino una abitudine anzi una convinzione!
E’ stato osservato come in generale, maschietti e bambine imparino con certa fatica a rifare il letto sfatto e la casa in disordine.
E’ un segno dei tempi (!) le mamme oggi vanno anch’esse negli stabilimenti e alle officine lasciando il letto sfatto e la casa in disordine , bisogna dare ai piccoli ospiti il senso della casa, ed ecco che ai precetti accompagnarsi tante minute, eppur preziose norme di vivere civile, l’ambizione del letto ben fatto, delle vesti ben tenute, anche se sono grezze e povere, la compostezza dello stare a tavola, l’impiego a seconda dei cibi di una posata piuttosto che di un’altra, l’attenzione al mangiare e di bere senza produrre rumori superflui.
Così si intende al Villaggio del Touring la cura dei piccoli ospiti. Non lussi ne raffinatezze, ma scuola di civiltà, ed in queste sfumature che l’opera delle “mammine” acquista il suo più simpatico rilievo, e che miracoli in pochi giorni!
Dopo una settimana i piccoli ospiti non si riconoscono più, tanto sono diventati, oltre che floridi e abbronzati, composti, disinvolti, compiti, dopo un mese (tale è la durata di ogni turno estivo) il Villaggio rimanda alle famiglie, agli orfanotrofi, agli asili delle personcine che hanno perduto ogni selvatichezza e ritrovato il senso consolatore della famiglia.
LA VITA ALL’APERTO
La preghiera mattutina davanti alla cappella inizia la giornata al Villaggio, poco a due a due, guidati dalle loro “mammine” i piccoli coloni fanno il loro ingresso vigilato dalla direttrice, nel padiglione del refettorio, ove consumano la prima colazione, latte e cacao. Altre due volte essi ritorneranno in quella bella sala tutta festante di bandierine, ove son le lapidi recanti i nomi dei benefattori e un’altra commovente epigrafe di Bertacchi, per consumare la seconda colazione e la cena, nei giorni festivi c’è una quarta adunata, molto attesa per il cinematografo.
Tolte due ore di riposo pomeridiano nelle camerate, tutte le altre sono vissute all’aperto. Gran giuochi, a cui partecipano le “mammine” in cui si intrufola Toti, galoppando e abbaiando.
Alla domenica, l’arrivo dei direttori del Turismo scolastico porta una nota gioconda e vibrante nella vita del Villaggio.
Le passeggiate nel bosco, le merende sull’erba, le docce settimanali regolate dall’infermeria e sorvegliate dalla direttrice, i bagni di sole a dorso nudo nelle ore più indicate, la ginnastica ritmica, l’alimentazione sempre variata con abbondanza di verdure, ecco i capisaldi su cui poggia la norma igienica che regola il soggiorno dei piccoli villeggianti, il risultato della cura è controllato periodicamente da un valoroso sanitario, il dott. cav. Alfredo Albertini dell’Ufficio Municipale di igiene di Milano, che presta volontario la sua opera.
All’aprirsi di ogni tanto egli sale al Villaggio e procede con una accurata visita dei bambini, di ciascuno viene rilevato peso e controllata con il dinamometro la forza muscolare, i più gracili sono sottoposti anche ad uno speciale esame del sangue che, stabilendone il grado di colorazione permetta di verificare, al termine del soggiorno, l’azione della cura anche su questo vitale elemento dell’organismo.
I risultati in genere sono eccellenti, qualche maschietto della categoria dei più voraci è arrivato a guadagnare sino a quattro chili in un mese, un chilo alla settimana !
Pensate che per una popolazione che non supera le novanta bocche, la dispensa del Villaggio manda giornalmente alle cucine nove chilogrammetri di pasta, nove di riso, trentacinque di pane, trenta di verdure, dieci di carne, quattro di formaggio, venti di frutta, quindici di patate, tre di marmellate, quaranta di latte, uno e mezzo di zucchero, uno di salsa, e ancora un chilo di lardo, sei etti di olio e sette di cacao.
Le quattro settimane di ciascun turno (novanta fanciulli per volta) sono risultate più che sufficienti per una efficace ricostituzione dei gracili organismi, di tale avviso non sono però gli interessati che non vorrebbero mai lasciare quel paradiso.
Eppure viene il giorno in cui bisogna partire per lasciare il posto ad altri, sono momenti di vera commozione, anche la cuoca non sa trattenere una lagrimetta che, se non fosse prontamente detersa colerebbe silenziosa sul ragù della pasta.
Toti capisce che qualcosa di insolito avviene, anche perché i suoi piccoli amici gli fanno un mondo di feste e qualcuno cingendogli con le braccia il collo gli confida la speranza di rivederlo tra un anno.
La direttrice, le “mammine” l’infermiera i coniugi Bertarini hanno gli occhi umidi, ma non bisogna lasciarsi vincere dal cuore, domani giungerà la nuova nidiata, occorre che tutto sia pronto a riceverla.
Ecco ripetersi la gioconda scena, i pallidi volti che sgranano gli occhioni stupiti, ecco l’affaccendarsi delle mammine per sistemare le nuove squadre nelle villette e sbrigare le operazioni, non sempre gradevoli del lavaggio, della disinfezione, del taglio dei capelli.
LA SCUOLA DELLA GRATITUDINE
E gli altri? A quest’ora sono già nelle loro case a rievocare, taluno in silenzio per chi non ha chi lo ascolti con compiacenza, la lieta parentesi del sogno, i loro nomi ricorrono spesso sulle bocche delle “mammine” Dove saranno? Che faranno? Scriveranno?
Si scrivono, un giorno arriva un gran pacco di lettere, lettere rozze e ingenue, che sono poemetti di gentilezza e di bontà. Le bambine di solito sono le più diligenti, cercano di mettere insieme qualche pensierino garbato, affidano i loro periodi a fogli ornati di fiorellini, come i coscritti quando scrivono alla fidanzata, i maschietti com’erano impetuosi ed espansivi, sono ora sobri, quasi laconici, nelle loro manifestazioni epistolari, scarabocchiate a matita, ove assicurano di star bene e di avere sempre un grande appetito.
Scrivono anche le madri e sono le lettere più belle…..
Il bene quando è offerto in forme squisite, feconda sempre un arboscello di gratitudine, se il Villaggio del Touring non avesse altri meriti, grandissimo sarebbe già quello di nutrire tenere anime, spesso intristite dal veleno delle ingiustizie sociali, il sentimento della gratitudine. Il Villaggio è pur esso un monumento della gratitudine, accogliendo gli orfani e i figli di nessuno, nobilitando il loro lutto e purificando la loro sciagura, esso educa i cuori all’esercizio della riconoscenza, così che ciascuno domani saprà assurgere dal caso famigliare a più vasti e nobili slanci di gratitudine patria ed umana.
LA COLONIA INVERNALE
Ma il Touring non poteva fermarsi a questo punto della propria opera, che se non è la più grandiosa è certo la più benefica ed una delle più geniali che fra le tante che esso ha creato e ideato. E nei componenti la Commisione amministratrice del Villaggio nacque quindi una idea, e nacque, diremmo così, per germinazione spontanea.
Il Villaggio, in otto anni di vita ha raggiunto uno sviluppo ed una organizzazione che gli hanno valso l’ammirazione e l’elogio di quanti lo visitarono.
Di anno in anno cresce il numero di coloro che vorrebbero inviarvi i loro fanciulli o i loro protetti, e la commissione amministratrice è purtroppo costretta a respingere ogni anno un numero sempre più grande di richieste.
Sino al 1927 la vita del Villaggio si concentrava nei tre mesi d’estate, troppo pochi in verità, per una organizzazione che richiede un funzionamento, sia pure ridotto, anche nel rimanente dell’anno, e cui onere viene attualmente a gravare per intero sulla stagione estiva.
Era quindi naturale che la Commissione si proponesse il quesito di una maggiore messa in valore della colonia, nell’intento di estendere il potere benefico, chiamando a parteciparvi un maggior numero di fanciulli. E poiché non era per il momento possibile aumentare il numero delle villette, si pensò alla apertura della colonia nella stagione invernale, a scopo di una cura antitubercolare.
Il problema presentava molte incognite che ne rendevano tutt’altro che facile la soluzione, perché quando si cominciò la costruzione del Villaggio, non si pensò affatto alla possibilità di un buon funzionamento nell’inverno, e quindi l’impianto e l’arredamento furono studiati e attuati avendo unicamente riguardo la vita estiva.
Ma l’entusiasmo e la fede sono armi formidabili nella lotta contro le difficoltà e consentono quasi sempre la vittoria.
I nuovi aspetti che veniva ad assumere il funzionamento invernale furono accuratamente discussi e studiati.
L’inverno è un nemico terribile, specialmente in montagna, e l’esito dell’esperimento doveva essere tale da non offrire il più piccolo bersaglio alla critica.
Inoltre era necessario che la colonia avesse anche il carattere di scuola, affinché i fanciulli chiamati a goderne i vantaggi da un punto di vista, diremmo così, materiale, non si vedessero poi costretti a perdere un anno di insegnamento, ma potessero, ritornando in città in seno alle loro famiglie, riprendere lo studio in condizioni di uguaglianza rispetto ai loro compagni.
Ed ecco tutta commissione al lavoro, per risolvere rapidamente le varie incognite del problema.
Al riscaldamento fu provveduto con un impianto di stufe in tutti i locali che avrebbero dovuto funzionare nell’inverno, in quanto al quale provvidero alcuni dei nostri benemeriti, sempre pronti a rispondere ad ogni appello per un’opera di bene.
Nelle spaziose cantine furono raccolte le provviste nella quantità richiesta da tre mesi di esercizio, perché nell’inverno il Villaggio è non di rado bloccato dalla neve, è l’unica via di accesso è allora la mulattiera, che richiede però una fatica non lieve per la battuta e non consente che piccoli trasporti.
Legna e carbone furono acquistati in grande quantità per far fronte alle rigide temperature dei mesi più freddi. Fu trasformato il lavatoio in ambiente chiuso, ben riparato, onde assicurarne il funzionamento in qualsiasi giorno con qualsiasi tempo.
Il refettorio divenne per una metà una magnifica aula scolastica, munita di tutto l’occorrente per l’insegnamento delle prime quattro classi elementari, e affinché nulla mancasse di quanto deve costituire la dotazione di una colonia invernale furono acquistati slittini e sci per consentire ai nostri piccoli ospiti l’esercizio degli sport invernali, naturalmente nei limiti imposti dalla loto età.
L’organizzazione all’insegnamento fu affidata al prof. Angelo Schirollo vice direttore delle Scuole Primarie di Milano, per l’insegnante fu chiamata Linda Padoan che, da parecchi anni abita a Boarezzo.
Il dott.cav Alfredo Albertini continuò anche nel periodo invernale il servizio sanitario della colonia, con l’aiuto della nostra fedele vigilatrice signorina Giuseppina Foglieni.
Il parroco di Cugliate, don Giuseppe Cantoni che è anche il padre spirituale dei nostri bambini, si associò con entusiasmo alla iniziativa, offrendo la sua preziosa assistenza anche di inverno.
Infine la signora Adele Marchi subentrata all’ottima signora Maria Fantoni Modena nella direzione della colonia estiva, si assunse il compito non facile della sorveglianza della colonia invernale.
Ma altri due collaboratori ha avuto il nostro Villaggio in questo suo nuovissimo e ardito esperimento, i coniugi Bertarini , i suoi fedeli custodi fin dall’inizio, che, per il carattere speciale di affettuosità intima che l’iniziativa veniva ad assumere, si sono seniti completamente a loro agio
e hanno portato nell’opera la loro preziosa esperienza.
E il 6 gennaio del 1928 la piccola schiera di 15 maschietti e 15 bambine saliva al Villaggio, in una giornata bellissima, che sembrava voler porgere, col sorriso del sole un saluto augurale alle gracili creature che attendevano dalle misteriose e meravigliose forze della natura la salute e il vigore.
Perché i piccoli ospiti erano stati scelti fra gli alunni più poveri e più gracili delle scuole elementari.
Visi pallidi, labbra smunte, corpicini magri e delicati, tutto ne rilevava lo stato di deperimento fisico, mentre invano si sarebbe cercato sui loro volti quel dono divino e prezioso dell’infanzia che è il sorriso, la maggior parte di queste creaturine veniva da famiglie costrette a vivere in ambienti angusti e malsani, senza aria, senza luce, senza respiro, le famiglie nella quali serpeggia la tubercolosi, pronta a ghermire le giovani vittime indifese.

Per tre mesi continuò la vita dei trenta bambini al Villaggio, favorita da un inverno eccezionale, che offrì loro visioni incomparabili di albe, pomeriggi e splendidi tramonti, il piccolo osservatorio meteorologico, i cui strumenti (termometro a massima e minima, igrometro, pluviometro) furono generosamente donati dalla Filotecnica (Società Anonima ing. Salmoiraghi & C.) si limitò a segnare dati di bello costante. Analogamente il telefono per cui fu fatto mercè la munificenza della signora Elvira Bertarelli, vedova del nostro grande presidente, uno speciale impianto che dal Villaggio scende a fondovalle , alla stazione di Ganna, dove l’ottimo capo stazione signor Angelo Sanvito, riceve le comunicazioni e le trasmette, non portò mai altro che ottime notizie dalla colonia.
Le piccole creaturine prosperavano a vista d’occhio, la natura agiva miracolosamente sui gracili organismi, quasi trasfondesse ogni giorno nelle loro esili membra parte delle sue energie e delle sue linfe.
Affinché l’esperimento potesse dare pienamente quegli ottimi risultati che ognuno auspicava, contribuirono generosamente enti, ditte, privati.
Primissimi fra tutti il comune di Milano, che assunse a suo carico il mantenimento dei 30 bambini ospitati, la Banca Commerciale e il cav. Uff. Umberto Grioni che contribuirono alle spese con 15.000 £ ciascuno.
Diverse ditte vollero offrire viveri, abiti, indumenti di lana, dolci, affinché nulla mancasse ai fanciulli della colonia invernale, altre persone buone e benefiche parteciparono alla vita della colonia offrendo assistenza, aiuti collaborazione di ogni genere.
E la nobile gara si è rinnovata nell’inverno del 1929, con 44 fanciulli, perché il Villaggio alpino del Touring si è rilevato talmente adatto, come clima e come ambiente, a divenire un’ottima colonia invernale e ha dato in quel primo esperimento così sorprendenti risultati per la salute dei bambini, da indurre senz’altro la Commissione di amministratrice a dare all’esperimento un carattere permanente aumentandone il numero.
E perché tutto il Villaggio deve essere perfetto, il dott. comm. Gerolamo Serina ha offerto, come abbiamo detto anche la scuola, un bellissimo edificio, ideato dall’architetto Ferdinando Tettamanzi, che avrà belle aule, ariose e spaziose, capaci complessivamente di un centinaio di alunni.
Avrà inoltre una sala per le insegnanti, un ampio vestibolo e un locale destinato alla raccolta del materiale didattico.
Dalle ampie finestre i fanciulli studiando, godranno la visione stupenda delle Alpi, e attingeranno nei bei panorami Lombardi “sensi d’italica patria per il loro santo domani” com’è detto nell’epigrafe di Giovanni Bertacchi, incisa in una lapide nell’interno del refettorio.
La scuola Girolamo Serina sarà attrezzata secondo i più moderni sistemi e risponderà in tutto e per tutto alle più rigorose esigenze dell’igiene.
Così ancor meglio che nei due esperimenti che precedettero ( pur così ricchi di fecondi risultati anche nei riguardi della scuola),i bambini che saliranno al Villaggio durante l’inverno, potranno approfittare dell’istruzione che che verrà loro impartita dalle

“mammine” insegnanti e che potranno riprendere la scuola senza fatica e senza inconvenienti, loro ritorno in città, ad inverno finito.
Dei buoni amici, dei generosi benefattori sono incisi i nomi sulle lapidi che ricordano nel Villaggio tutti i benemeriti ai quali esso deve la sua bellezza e la sua fama e che gli consentono di ospitare nella serenità degli animi e del cielo, centinaia di piccole creature per le quali il tempo felice trascorso lassù sarà una fonte di gioia per tutta la vita.
Vi sono molte scritte scolpite sui muri del Villaggio, ma una vi manca, una che il Touring vi farà incidere a lettere d’oro, perchè interpreta il senso angelico della carità: CHI DONA AI POVERI IMPRESTA A DIO la rammentate? E’ di un genio titanico e pensoso, che fu anche il più grande poeta della infanzia. E’ di Victor Hugo.