La ribellione partigiana in Valle !!
Inviato: gio nov 30, 2017 11:53 am
Un testo molto importante su un fatto accaduto in valle a fine guerra ! (testi tratti da Cronache rivoluzionarie in Provincia di Varese (1945 - 1948) )
Per il testo si ringrazia Alessandro Pellegatta, le foto fonte lombardia beni culturali
Cronache rivoluzionarie in Provincia di Varese (1945 - 1948)
La provincia di Varese è tutt’altro che immune al fenomeno delle
agitazioni partigiane, relativamente alla cosiddetta “seconda ondata”
promossa dal MRP di Carlo Andreoni a cavallo tra l’estate e l’autunno
del 1946.
Il malessere partigiano, come abbiamo visto nel capitolo precedente,
cova da tempo. Oltretutto la stampa moderata scatena regolarmente
campagne anti-resistenziali strumentalizzando ad arte episodi isolati di
criminalità in cui vengono coinvolti singoli ex-partigiani disoccupati e
spinti ai margini della società, regolarmente “scaricati” dall’ANPI.194
Una clamorosa avvisaglia dell’esplosione delle proteste partigiane si era
avuta nel dicembre 1945 a Binago, località ai confini della provincia di
Varese, quando trecento ex-partigiani armati avevano assalito la
caserma dei carabinieri, liberando alcuni loro compagni detenuti con
l’accusa di detenzione di armi ed allontanandosi non senza aver
requisito le armi della caserma.
Il MRP si caratterizza da subito come movimento tendente a
raggruppare soprattutto partigiani azionisti e socialisti; non è un caso
che sia il comando della divisione varesina “Matteotti” alla fine di
agosto a diffondere un comunicato in cui invitano i propri uomini
a rimanere calmi e disciplinati ai loro posti di lavoro, fedeli ai loro
comandanti responsabili. Il Comando mette in guardia tutti i “Matteottini”
dalle subdole manovre di qualche esaltato e di molti politicanti anche
filofascisti, tendenti a trascinarli in movimenti inopportuni e di non chiara
finalità.
Contemporaneamente ammonisce tutti i fascisti, specialmente quelli che
hanno usufruito dell’estrema generosità del Governo repubblicano, di non
voler continuare nel loro contegno baldanzoso e provocatore, per evitare
possibili e d’altra parte giustificabili reazioni.
In quegli stessi giorni, precisamente alle 8 di mattina del 30 agosto,
giungono a Marchirolo provenienti da Milano una quarantina di
partigiani disarmati appartenenti al 3° raggruppamento del MRP; li
comandano i capitani Enrico Bagna “Brocco” e Bruno Ortu ed il tenente
Franco Villani. Il gruppo, che d’intesa con le autorità locali viene
sistemato nelle scuole di Cugliate197, affigge manifesti firmati dalla
giunta centrale esecutiva del movimento, in cui si denuncia il tradimento
degli ideali partigiani da parte dei dirigenti comunisti dell’ANPI, e
dichiara di voler restare sino a quando i “desiderata” partigiani non
verranno accolti dal Governo. La permanenza dei partigiani continua nei
giorni successivi senza alcun incidente (“bene!” è addirittura il
commento del Corriere Prealpino del 31 agosto alla notizia dell’arrivo
del gruppo a Marchirolo) sino alla svolta del 20 settembre. E’ il tardo
pomeriggio quando, nella stazione ferroviaria di Ghirla, una pattuglia
della Polizia ausiliaria irrompe sul trenino diretto a Ponte Tresa: otto
giovani armati di un mitragliatore e di un mauser che sono in viaggio
per congiungersi al gruppo in Val Marchirolo vengono tratti in arresto e
trasferiti nel carcere varesino dei Miogni.
Al «Nuovo Corriere Prealpino» che si domanda chi siano gli arrestati,
dedicando alla notizia poche righe, risponde l’edizione milanese de
«L’Unità», come al solito con frasi calunniose e violente, sostenendo
che i protagonisti della ribellione partigiana sarebbero “teppisti”,
“briganti neri”, “pregiudicati di Milano”, comandati dallo “pseudo
conte Rossi detto Enea” (probabilmente il riferimento è al partigiano
Epifanio Rossi “Edmea”, aderente alla FLI ed al MRP), “repubblichini”
ed ex aderenti alla “X MAS”, tutti uniti dal fatto di essere
“anticomunisti”.198
Bruno Golo “Manlio”, membro della pattuglia di Polizia ausiliaria che
partecipa all’arresto, in una testimonianza resa negli anni ’80, definisce
l’azione del MRP “una provocazione sventata”, ma nel contempo
fornisce indirettamente la prova della buona fede degli appartenenti al
gruppo ribelle.
Del gruppo solo qualcuno aveva fatto parte di formazioni del Corpo
Volontari Libertà. Qualche altro si era aggregato, più che per una coscienza
politica o patriottica, per risolvere il problema dell’esistenza.199
L’autore dell’arresto (e della testimonianza) è lo stesso che, come
abbiamo visto, un anno dopo verrà schedato dagli avanguardisti cattolici
come capo ed organizzatore delle cellule clandestine del PCI a
Gallarate!
L’intervento delle autorità è volto a stroncare una rivolta che potrebbe
pericolosamente estendersi: il 19 settembre infatti una decina di
partigiani disarmati provenienti da Busto Arsizio si è stabilito nei boschi
di Duno, in Valcuvia. Il gruppo si è mosso spontaneamente, svincolato
dal MRP; la protesta si esaurisce dopo una decina di giorni.
La notte tra il 21 e il 22 il noto comandante partigiano della Divisione
Pasubio, Giuseppe Marozin “Vero”, membro del MRP, raggiunge il
capoluogo reclamando a gran voce la scarcerazione degli arrestati, senza
ottenerla.
La vicenda trova la sua conclusione il 30 settembre. I partigiani
rientrano a Milano, dopo aver consegnato o abbandonato le armi.
Tutti i partigiani accantonati nella zona di Marchirolo - Cugliate e monte
San Paolo sono ripartiti, parte in treno e parte su autocarro per Milano. Il
mattino seguente i carabinieri di Marchirolo hanno effettuato una
ricognizione nei dintorni rinvenendo in un bosco alcune armi automatiche,
bombe a mano e munizioni varie.
Per il testo si ringrazia Alessandro Pellegatta, le foto fonte lombardia beni culturali
Cronache rivoluzionarie in Provincia di Varese (1945 - 1948)
La provincia di Varese è tutt’altro che immune al fenomeno delle
agitazioni partigiane, relativamente alla cosiddetta “seconda ondata”
promossa dal MRP di Carlo Andreoni a cavallo tra l’estate e l’autunno
del 1946.
Il malessere partigiano, come abbiamo visto nel capitolo precedente,
cova da tempo. Oltretutto la stampa moderata scatena regolarmente
campagne anti-resistenziali strumentalizzando ad arte episodi isolati di
criminalità in cui vengono coinvolti singoli ex-partigiani disoccupati e
spinti ai margini della società, regolarmente “scaricati” dall’ANPI.194
Una clamorosa avvisaglia dell’esplosione delle proteste partigiane si era
avuta nel dicembre 1945 a Binago, località ai confini della provincia di
Varese, quando trecento ex-partigiani armati avevano assalito la
caserma dei carabinieri, liberando alcuni loro compagni detenuti con
l’accusa di detenzione di armi ed allontanandosi non senza aver
requisito le armi della caserma.
Il MRP si caratterizza da subito come movimento tendente a
raggruppare soprattutto partigiani azionisti e socialisti; non è un caso
che sia il comando della divisione varesina “Matteotti” alla fine di
agosto a diffondere un comunicato in cui invitano i propri uomini
a rimanere calmi e disciplinati ai loro posti di lavoro, fedeli ai loro
comandanti responsabili. Il Comando mette in guardia tutti i “Matteottini”
dalle subdole manovre di qualche esaltato e di molti politicanti anche
filofascisti, tendenti a trascinarli in movimenti inopportuni e di non chiara
finalità.
Contemporaneamente ammonisce tutti i fascisti, specialmente quelli che
hanno usufruito dell’estrema generosità del Governo repubblicano, di non
voler continuare nel loro contegno baldanzoso e provocatore, per evitare
possibili e d’altra parte giustificabili reazioni.
In quegli stessi giorni, precisamente alle 8 di mattina del 30 agosto,
giungono a Marchirolo provenienti da Milano una quarantina di
partigiani disarmati appartenenti al 3° raggruppamento del MRP; li
comandano i capitani Enrico Bagna “Brocco” e Bruno Ortu ed il tenente
Franco Villani. Il gruppo, che d’intesa con le autorità locali viene
sistemato nelle scuole di Cugliate197, affigge manifesti firmati dalla
giunta centrale esecutiva del movimento, in cui si denuncia il tradimento
degli ideali partigiani da parte dei dirigenti comunisti dell’ANPI, e
dichiara di voler restare sino a quando i “desiderata” partigiani non
verranno accolti dal Governo. La permanenza dei partigiani continua nei
giorni successivi senza alcun incidente (“bene!” è addirittura il
commento del Corriere Prealpino del 31 agosto alla notizia dell’arrivo
del gruppo a Marchirolo) sino alla svolta del 20 settembre. E’ il tardo
pomeriggio quando, nella stazione ferroviaria di Ghirla, una pattuglia
della Polizia ausiliaria irrompe sul trenino diretto a Ponte Tresa: otto
giovani armati di un mitragliatore e di un mauser che sono in viaggio
per congiungersi al gruppo in Val Marchirolo vengono tratti in arresto e
trasferiti nel carcere varesino dei Miogni.
Al «Nuovo Corriere Prealpino» che si domanda chi siano gli arrestati,
dedicando alla notizia poche righe, risponde l’edizione milanese de
«L’Unità», come al solito con frasi calunniose e violente, sostenendo
che i protagonisti della ribellione partigiana sarebbero “teppisti”,
“briganti neri”, “pregiudicati di Milano”, comandati dallo “pseudo
conte Rossi detto Enea” (probabilmente il riferimento è al partigiano
Epifanio Rossi “Edmea”, aderente alla FLI ed al MRP), “repubblichini”
ed ex aderenti alla “X MAS”, tutti uniti dal fatto di essere
“anticomunisti”.198
Bruno Golo “Manlio”, membro della pattuglia di Polizia ausiliaria che
partecipa all’arresto, in una testimonianza resa negli anni ’80, definisce
l’azione del MRP “una provocazione sventata”, ma nel contempo
fornisce indirettamente la prova della buona fede degli appartenenti al
gruppo ribelle.
Del gruppo solo qualcuno aveva fatto parte di formazioni del Corpo
Volontari Libertà. Qualche altro si era aggregato, più che per una coscienza
politica o patriottica, per risolvere il problema dell’esistenza.199
L’autore dell’arresto (e della testimonianza) è lo stesso che, come
abbiamo visto, un anno dopo verrà schedato dagli avanguardisti cattolici
come capo ed organizzatore delle cellule clandestine del PCI a
Gallarate!
L’intervento delle autorità è volto a stroncare una rivolta che potrebbe
pericolosamente estendersi: il 19 settembre infatti una decina di
partigiani disarmati provenienti da Busto Arsizio si è stabilito nei boschi
di Duno, in Valcuvia. Il gruppo si è mosso spontaneamente, svincolato
dal MRP; la protesta si esaurisce dopo una decina di giorni.
La notte tra il 21 e il 22 il noto comandante partigiano della Divisione
Pasubio, Giuseppe Marozin “Vero”, membro del MRP, raggiunge il
capoluogo reclamando a gran voce la scarcerazione degli arrestati, senza
ottenerla.
La vicenda trova la sua conclusione il 30 settembre. I partigiani
rientrano a Milano, dopo aver consegnato o abbandonato le armi.
Tutti i partigiani accantonati nella zona di Marchirolo - Cugliate e monte
San Paolo sono ripartiti, parte in treno e parte su autocarro per Milano. Il
mattino seguente i carabinieri di Marchirolo hanno effettuato una
ricognizione nei dintorni rinvenendo in un bosco alcune armi automatiche,
bombe a mano e munizioni varie.