Mi sono iscritto recentemente, ma è da un po' che frequento il forum, sempre con piacere perchè è fatto molto molto bene.
Non abito più in Valganna dal 1993. Coi miei genitori abitavamo a Ghirla, nel condominio Aria Aperta.
Quando andavo alla scuola Media di Ghirla ho avuto la fortuna di seguire attività didattiche riguardo la ceramica, tradizione delle nostre zone ed in passato particolarmente a Ghirla. Ho tenuto, di quegli anni, una storia della ceramica di Ghirla, che avevamo elaborato a scuola con il pittore Talamoni, come d'altronde il pannello in ceramica che abbiamo dipinto e che da allora è esposto all'entrata del paese.
Siccome su questo forum c'è moltissimo materiale storico, mi avete dato voglia di condividere questo piccolo scritto sulla ceramica di Ghirla. Lo trascrivo qui con due foto, ma se è possibile (vediamo cosa ne pensa paoric) si potrebbe fare un link per scaricarlo in formato PDF.

La ceramica « Vecchia Ghirla »
Cenni storici
La ceramica “Vecchia Ghirla” ha avuto origine nel lontano 1700. Tuttavia solo relativamente ai primi anni del 1800 si hanno, in merito, dati certi che fanno derivare la ceramica di Ghirla dalla ceramica di Campione d’Italia.
Soltanto nel 1825, però, nacque una vera fabbrica, per merito di Paolo Alessandro Righini nativo di Fabiasco; si produceva una “maiolica nera”, o “terra naturale” chiamata “radica”.
Verso il 1837 il successore del Righini, Giovanni Bettoli, ottenne dalla fabbrica di Campione alcune ricette per produrre la “terraglia dolce” (chiamata così per i componenti e per le basse calorie di cottura: 970 / 980°C contro i 1200°C della “terraglia forte”). Incominciò così la creazione dei famosi pezzi, i cui ingredienti, quarzo, calcare e argilla, venivano ricavati dai torrentelli e dalle vene naturali del terreno collinoso del luogo. Quando Campione importò dalla Germania l’argilla “a cottura bianca”, anche Ghirla utilizzò tale materiale e si ebbero alora pezi privi di macchie gialle, dovute all’ossido di ferro esistente nelle materie prime locali. L’antica produzione delle radiche smaltate a base di piombo di stagno riguardava solo vasellame povero, per la conservazione di alimenti; in seguito, con la proibizione dei prodotti usati per la colorazione (manganese), dichiarati nocivi alla salute, la produzione divenne prevalementemente artistica.
I manufatti, servendosi degli stampi del 1700, ne riproducevano le vecchie forme, decorate però secondo il gusto dell’epoca, con l’inserimento di motivi ispirati alla tipologia della maiolica faentina del 1400.
Al Bettoli si sostituì fino al 1868 Ferdinando Perucchetti, ma la produzione mantenne le stesse caratteristiche. Antonio Verda, originario di Campione, acquistò la fabrica nel 1868 e la condusse fino al 1892. Fu continuata, in quel periodo, la produzione di terraglia con lavorazione a mano, su torni di legno e cottura in forni quadrati chiamati “muffole a fiamma dritta”, funzionanti a legno e carbone.
Nel 1892 il Verda cedette l’opificio a Carlo Ghisolfi, nativo di Varese, che introdusse la lavorazione a macchina con modelli di gesso, cottura in forno rotondo “a fiamma rovescia”, funzionante con carbone a lunga fiamma e a legna (sistema inglese).
A differenza dei precedenti forni, i nuovi forni avevano pareti dallo spessore di circa 80 cm, per consentire l’isolamento della bassa temperatura esterna, un diametro di 5 m e un’altezza di 5, 5 m. Funzionavano alternativamente. I prodotti venivano siglati a mano e presentavano il cosidetto “bordo a foglia” che fu poi uno dei motivi conduttori della produzione.
Dal 1910 i pezzi venivano esclusivamente siglati a mano, ma venivano stampigliati a l’uso inglese con un marchio riportante in un ovale la scritta “GHIRLA”.

Durante la sua conduzione, infatti, gli studi e le ricerche della fabbrica portarono alla scoperta del famoso “bleu di Ghirla” che diveniva tale al contatto, con colori comunemente usati, di un certo ossido di cobalto importato d’Inghilterra: a livello decorativo questa tinta diede l’impronta caratteristica a tutta la produzione classica.
Si era intanto sentito il bisogno di istituire una scuola di decorazione che, aperta nel 1932, rimase attiva fino al 1935, tenuta e condotta dal pittore Giuseppe Talamoni di Varese, in collaborazione con il Ghisolfi e il decoratore Brunelli. Ogni genere ceramico di quest’ultima produzione presenta una finitura curata, vernice compatta e brillante, decorazione ora alleggerita e con pochi colori, ora cromaticamente intensa e ricca di decori, completata con filettature.
Secondo il gusto e le tendenze affermatesi nell’opera, dalla ceramica Ghisolfi uscirono: cornicioni ornamentali come quelli della villa Menotti a Gaggio, capitelli anche policromi per monumenti funerari, piatti da pareti di dimensioni anche notevoli, anfore di tipo greco, albarelli (vasi per unguenti usati in farmacia).
Il “bleu” non fu più prodotto dal 1950 (o 1951), da quando cioè la famiglia Ghisolfi cessò l’attività di tipo artigianale. Da allora la ceramica artistica chiuse definitivamente i battenti, celando per sempre in uno scrigno d’oro i suoi segreti, che nessuno potè, ne potrà più ritrovare.
Della produzione non restano che frantumate raccolte private, divenute preziose e rivalutate come esmpi di un’arte nostrana irripetibile, conosciuta anche oltre confine. Del’antica fabbrica non rimasero a lungo che pochi ed “indiscussi” ruderi, che divennero poi, nella seconda metà degli anni ’90 un condominio.
Negli anni ’91-93, i ragazzi della scuola media di Ghirla, grazie all’iniziativa dei loro professori e con l’aiuto del pittore Talamoni, realizzarono il pannello “commemorativo” della ceramica “Vecchia Ghirla”, posto all’entrata del paese. Un lavoro appassionante, svolto durante “l’ora di ceramica”, un corso dove si imparava sia la storia della ceramica che l’arte di lavorare l’argilla col tornio e con le mani. Ciò permise di trasmettere il patrimonio artistico e artigianale della nostra valle ai ragazzi di allora... un’iniziativa che ora è solo un ricordo, la scuola media essendo chiusa già da un po’ di anni.
P.S. Le foto non sono un granchè perchè sono fotocopie che ho scansito