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Articoli tratti dal notiziario "l'Amico di Boarezzo"

Lo storico della Associazione dal 2007 al 2013

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boa
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Articoli tratti dal notiziario "l'Amico di Boarezzo"

Messaggio da boa »

In questa nuova sezione vorremmo posare nel forum vecchi articoli pubblicati sul notiziario dell' Associazione negli anni 90 che sono testimonianze di persone che vivono o hanno vissuto a Boarezzo. E' un modo di divulgare vecchie tradizioni, atmosfere e ricordi, che messi in rete renderanno più indelebili questi racconti.
Il primo di questi riguarda le carbonaie il cui autore è il sig. Pietro Perrucchetti che il 13 novembre festeggia i 60 anni di matrimonio con la moglie sig.ra Antonia. Cogliamo l'occasione per fare loro un mondo d'auguri. :bravo:


UR BASCIOT DELA CARBONERA
Storia tramandata – periodo di dominazione austro-ungarica-Lombardo Veneto- 3 guerre d’indipendenza per l’unità d’Italia e fino al termine della guerra mondiale 1915-1918 ed oltre la seconda 1940-1945. Cessato il tempo della pietra focaia. –
Gli stati Europei si misero all’opera per l’estrazione del carbon fossile per il riscaldamento e l’industria nel limite consentito sia per la lavorazione che per i trasporti.
I carbonai, continuando sempre la loro opera, si davano da fare per la lavorazione ed il commercio del combustibile di origine vegetale. Nel 17° e 18° secolo e per la metà del 19°, i boscaioli cominciarono il disboscamento e gli scarti erano trasformati in combustibile domestico (carbone vegetale o carbonella) nelle carbonaie tra le selve.
Si parla dei versanti del Monte Piambello, Vallscura, Intrana, Sasso Bolle, Sass Negher, Funtanit,
Post du Pastor, Lot, Desert, Valle magra, Matraunda, Prebalzarin, Valet, Pradasc, Val du paun, Selva, Dizz, Caser.
Si preparavano le piazzole di dimensioni pari o più grandi delle carbonaie che si dovevano accatastare. La terra in zolle veniva messa da una parte per coprire la legna accatastata e forma di campana con una altezza di tre metri e con un diametro alla base di cinque o sei metri.
Questi preparativi venivano effettuati dagli stessi boscaioli esperti del lavoro. La catasta veniva coperta con zolle, terriccio e ramaglia per renderla impermeabile e poi veniva accesa nella parte inferiore attraverso una sorta di piccola galleria realizzata con bastoncini ben essicati, oppure da quella superiore, praticando una sorta di cono centrale nel quale venivano gettate alcune palate di legname minuto già in fiamme, chiamate lippe.
La “cottura”richiedeva precisione ed esperienza. Il fuoco interno doveva espandersi regolarmente per evitare cedementi della catasta.
Giorno per giorno il carbonaio, dopo aver ascoltato il “respiro” del fuoco, quando, a suo parere esso si faceva difficoltoso, praticava con degli arpioni dei fori ai fianchi della catasta per dare sfogo all’aria e “nutrire” così , con dosaggi ben equilibrati, la vita del fuoco.
A volte invece,il carbonaio interveniva tappando o stappando i fori di alimentazione assicurando il tiraggio in modo da evitare che si potessero formare degli spazi “soffocati” che avrebbero compromesso la “cottura” del carbone.
Le cataste erano costituite da 120-150 quintali di legna. Essa era accatastata orizzontalmente nella parte inferiore per facilita “l’abbruciamento” e verticalmente nella parte superiore.
La “cottura” durava talvolta anche due settimane e solo il perfetto dosaggio dell’aria e del fuoco consentiva una combustione oittimale.
Al termine, dopo essere stato raffreddato con acqua, il carbone era pronto per essere insaccato e portato a valle, mentre il materiale di copertura veniva solitamente utilizzato per cataste successive.
I carbunat, quelli che assistevano alla “cottura” della carbonera, lavoravano quasi sempre”a cottimo”. Si contrattava “l’impiego” nel luogo di residenza dei carbunat e, in un ricordo tramandato da generazioni parla di “quelli del Luinese”, di quel Borgo di Monteviasco..ed erano chiamati: Pà Tonio, Pà Giacom e detti Muntit.
Vicino alla carbonera, il boscaiolo costruiva la baita: fatta con pali di legno con i lati ed il tetto rivestiti di ginestra , zolle di terra ede erba secca per ternerla al ripario dalle intemperie. Aveva il diritto, il boscaiolo o il guardiano, con il relativo permesso forestale, di allevare un paio di capre che egli mungeva per avere il latte per il tempo necessario. Gli animali venivano forniti dal proprietario del fondo che gli arrotolava al collo una canavrela a mo’ di collare per legarle e per appendere la caratteristica campanella: essa era “fatta” di castano o di nocciolo.
I Muntit si concedevano, se il lavoro alla carbonera lo consentiva, di scendere a fine settimana all’osteria del più vicino paese e per vincere la solitudine prendevano sbornie solenni.
Il carbone si commerciava anche sul luogo, pesandolo con stadere e centenè al momento della trattativa ed il trasporto veniva per la maggior parte effettuato da donne che ne trasportavano gerle
con in peso di 40-50 chilogrammi per ogni viaggio, anche lunghissimo.
Il carbone veniva stoccato in una cantina umida in modo da conferirgli una valida consistenza in relazione all’aumento di peso causato dall’umidità.
Il carbone si usava negli alberghi e trattorie per alimentare i fornelli per la cottura degli alimenti:
essi erano costruiti appositamente, incassati nei muri ed alimentati con aria creata dallo sventolio di scopetti “a mano” fatti con penne di gallina, oche o tacchini.
Si parla del versante del Monte Piambello: dove i boschi non erano attraversati da strade per il trasporto e quindi la resa del carbone ricavato, in peso e quantità, era ridotto calcolando la riduzione in una percentuale di circa il 40-50%.
I proprietari dei fondi erano i medesimi boscaioli che, pratici del mestiere, si incaricavano con i familiari di impiantare la carbonera e di sorvegliarne la “cottura”.
Ta queste famiglie emergeva il commerciante, il quale si incaricava della vendita, sia al dettaglio che all’ingrosso. Cito un ricordo “Boarezzese”.
Un certo Salvadori, detto Salvado’ vecc, si recava di sovente a Milano per le trattative del combustibile con l’Ospedale Maggiore di Milano. Il trasporto venne fatto con i muli ed al ritorno, per ritorsione e “gelosia commerciale” venne ucciso lungo la vecchissima strada (la prima strada di comunicazione tra Boarezzo e Ganna). Il luogo dove avvenne il delitto è tutt’ora chiamato “Crocetta-Cruseta”, poiché vi venne eretta una croce ed un muretto ancora visibile.
Un altro fatto “Boarezzese” parla di un certo Barba Andrea, boscaiolo e carbunat, anch’egli affarista, che venne “insacchettato” con un involucro contenente sabbia battuto sulla schiena continuamente, sembra per varie ore, così da procurargli con il tempo, sicura morte. Questo si dice sia successo in località Vallscura: …rancori commerciali !
Il ricordo dei tempi passati è testimoniato dalla premiazione con relativo attestato, che fu consegnato sul luogo (a Boarezzo), al pover Lisander Chini, per avere una cottura del carbone così professionale da produrre, dopo la scopertura della catasta, una fascina intera, intatta, ancora legata
con la torta di legno: il tutto in puro carbone vegetale (pensate alla fragilità-n.d.r.). Un genio della
cottura, un genio di professionalità.
Così, sulle falde del Piambello, rimangono ancora piazze carbonare ed è sufficiente raschiare il terreno per trovare le tracce del carbone prodotto un tempo. Questi “Basciot” facevano in modo che il terreno ed i boschi fossero puliti, lindi, mentre ora assistiamo con rammarico ad uno scempio del suolo boschivo che inquina e ferma o rallenta il germoglio del territorio forestale.



Vittorio Pietro Perucchetti, detto “Pizzigulin”
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paoric
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Re: Articoli tratti dal notiziario "l'Amico di Boarezzo"

Messaggio da paoric »

Cavolo me lo devo leggere con calma una di queste sere a letto!

Grazie, come da accordi ho messo in evidenza il post, buona lettura a tutti e grazie.
Ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa andare bene come sei. Vivi come credi. Fai cosa ti dice il cuore…ciò che vuoi…. una vita è un’opera di teatro che non ha prove iniziali. Canta, ridi, balla, ama….e vivi intensamente ogni momento della tua vita…. Prima che cali il sipario e l’opera finisca senza applausi. (Charlie Chaplin)
boa
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Re: Articoli tratti dal notiziario "l'Amico di Boarezzo"

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Il racconto che segue è un ricordo d una vigilia di Natale di molti anni fa del maestro Alioli bambino.

Era l'antivigilia di Natale di guerra: il freddo pungente ampliava il profumo dei camini accesi. Quassù, nel cuore del Piambello, ai confini con la Svizzera neutrale, si sentiva meno che in città il grigio peso della paura. Ma, fra le mura delle case, aleggiava la tristezza per l'assenza di tutti i'giovani partiti come tanti altri verso un ignoto destino. I1 Franco, il Pietro, il Luisin, il Carlo, il Filippo che non è più tornato perché finito in fondo al mare con la nave sulla quale era imbarcato: Gasparino morto sotto un bombardamento in Germania e altri, il ricordo dei quali si annebbia dolcemente lasciando vagare le care presenze che fecero forte e sano questo paese. Tornavo dal portico del Rocco, un cascinale rustico che faceva bella mostra di sé davanti al cancello "Liberty" dell'Albergo Piambello. Giunto all'altezza dello stabiello del "Papin" sentii l'odore intenso del pane110 e della crusca destinati all'abbeveraggio delle mucche. In quello stesso sgabuzzino avevano preso dimora le leccornie del "Mourii" (il Murì era un bonaccione e simpatico venditore ambulante di noccioline, croccantini, liquirizie, biscotti e caramelle varie. Me lo ricordo bene, il cappello marrone schiacciato sulla testa, la camicia colorata chiusa al collo da una specie di foulard che gli nascondeva una brutta piaga che lo costringeva a camminare con la testa tutta piegata sulla sinistra; il gilet nero e la giacca sformata per il peso di un grosso canestro pieno di ogni ben di Dio che teneva sul braccio). La tentazione di sgraffignare qualche spagnoletta era tanta, ma il rumore degli scarponi del Papin, che saliva con i buoi dietro di me, mi impedì il gestaccio. Ero stato con lui tutto il pomeriggio a caricare legna sul carro nei boschi lungo la strada per Marzio. Era per me come un nonno, lavoratore onesto e tenace di poche parole, come tutti i contadini di montagna. M'insegnava i rudimentali principi per caricare al meglio un carro di legna, come sistemare i tronchi grossi ed i più piccoli per bilanciare il peso, il modo per fissare il carico con grosse funi e i picchetti che attorcigliavano le stesse stringendo alla perfezione il tutto per un sicuro trasporto.. .". . .duman , riva ra toa mama; ven scia ca caturnrn foeura un bel arbur de Natal". Per noi allora l'albero di Natale a volte era un ramo di agrifoglio, a volte di pino ma mai veniva troncata una pianta sana. Il Papin, con la sua possente falce appesa al gancio di ferro inserita nella cintura 'addentrò nel bosco, Io lo seguii mentre. i buoi, attaccati al carro sapientemente frenato, biascicavano lentamente un ciuffo d'erba semigelata. Lo vidi avvicinarsi ad un pino alto poco più di due metri e, brandendo la falce con la mano destra, tagliò di netto un ramo e, con un rapido gesto, raccolse una manciata di terra e la strofina sulla ferita dell'albero. Quando venne verso di me m'accorsi che in effetti stringeva fra le mani una piccola cima. Lui capì cosa pensavo ' per lo sguardo meravigliato che gli rivolsi e subito i mi spiegò: "Vedi, Mario, quel pino era innaturale, si ' erano formate due cime, sarebbe cresciuto male; io ' ho tagliato quella più debole e storta, così l'albero ' proseguirà il suo sviluppo diritto, sano e forte...". Penso che, paragonato a ciascuno di noi, sia stato un ottimo esempio di vita Cominciammo la discesa verso il paese; lui, con la mano sul timone del carro, io di fianco ai buoi con un bastoncino per stuzzicarli quando si impigrivano. Ero ormai grandicello per cui, naturalmente, assumevo le p rime "g rosse responsabilità". Mi faceva frenare il carro: l'operazione si eseguiva girando più o meno velocemente una manovella in ferro collegata ad una vite senza fine che stringeva bloccando i ceppi di legno sulle quattro ruote del carro... "Streng ... mola ... mola arnmò un zich ... sara.. . sara su tutt ... bravo, va ben inscì ...". I rami spogli del vecchio castagno "dura scep dur bel" e della betulla centenaria di Scerbolà rompevano gli ultimi raggi dorati del rosso tramonto di primo inverno. L'immensa pace della valle "chiusa" dalle ombre azzurre violacee dell'inizio sera, porta- , vano i rintocchi dell'Ave Maria. Arrivati alla ripida discesa del "Taboga" era lui che manovrava il tutto. Da quel momento il mio posto era in coda al carro le cui ruote, coi cerchi in metallo, stridevano e facevano scintille per l'attrito sui sassi di porfido che componevano il fondo stradale. Ci salutammo alla fontanella: "Ciao, Mario" "Ciao Papm ... "Digh a la zia Teresa da ciamanm quand riva ra toa mama' '... ,Era molto legato a mia madre che conosceva da molti anni. Lui veniva a Varese col carro carico di legna o altro nei lunedì di mercato e, a mezzogiorno, si fermava a mangiare alla Trattoria della Pesa, che era di proprietà di mia madre. Fu per merito suo che fui affidato per tanti anni a sua figlia Teresa. Salii i gradini di casa col mio alberello in mano e lo consegnai alla Rita che, con la Mariuccia, l'avrebbero sistemato come tutti gli anni sulla piccola finestrella vicino al camino, "Va su da sora a toeu i statuin du Presepi ... va che la scatula l'è sota al cumò". Era la voce della zia Teresa che tornava dalla stalla col secchio del latte appena munto del quale- m'aspettava la quotidiana scodella. La schiuma soffice e tiepida del latte mi punteggiava il naso e a volte anche le guance. Ridiscesi con le statuine e mi fermai un attimo sul ballatoio. Di fronte, dove ora c'è la piazzetta con la cabina del telefono, c'erano le cascine dei Salvadori, Nando, del Sandro e del Jacurnin: contenevano fieno, ma per lo più erano occupate da legna, attrezzi vari e fascine. Sotto c'era una piccola stalla con le capre. Un sottile strato di neve candida caduta pochi giorni prima, aveva formato sulle grigie pietre del tetto, come frange di pizzo, una fila di ghiaccioli trasparenti. Appoggiato sui rami secchi delle fascine sporgenti,un pettirosso imbambolato dal freddo si specchiava in uno di essi, trascurando gli occhi famelici del gatto del Pietro, Capii subito che la "belva" scrutava quel fagottino di piume come fosse il suo tacchino Natalizio. "Pssscch! ! !"soffiai con tutta la forza che avevo in petto. I1 gatto scappò, ma anche il pettirosso;evidentemente non gradì quel mio modo greve di "dialogare". Entrai in casa con la mia vecchia scatola di scarpe dove erano custodite dall'anno prima pecorelle, pastori, il bue, l'asinello, il suonatore con la piva, Giuseppe e Maria avvolti nei fogli di carta di vecchio quaderno di scuola. Non so se il gatto del Pietro fosse più meno ammirato per quel mio intervento socio-ecologico, ma a me sembrava di aver compiuto la mia piccola buona azione quotidiana. Domani sarebbe arrivata mia madre ... cercai il suo dolce sorriso scrutando oltre la finestrella ... vidi il cielo terso illuminato da tante stelle in festa. Guardai felice la cometa di cartone dorato sulla punta dell'albero che mi aveva regalato il t Papin, mentre il riflesso del fuoco del camino sembrava far sorridere il mio Gesù Bambino di gesso.

Mario Alioli
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paoric
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Re: Articoli tratti dal notiziario "l'Amico di Boarezzo"

Messaggio da paoric »

Letta tutta d'un fiato...a volte ci si confonde pensando sia una poesia.... :crybaby2:
Ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa andare bene come sei. Vivi come credi. Fai cosa ti dice il cuore…ciò che vuoi…. una vita è un’opera di teatro che non ha prove iniziali. Canta, ridi, balla, ama….e vivi intensamente ogni momento della tua vita…. Prima che cali il sipario e l’opera finisca senza applausi. (Charlie Chaplin)
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Località: Milano, ma il DNA è marchirolese al 75%

Re: Articoli tratti dal notiziario "l'Amico di Boarezzo"

Messaggio da gigilugi »

paoric ha scritto:Letta tutta d'un fiato...a volte ci si confonde pensando sia una poesia.... :crybaby2:
Già, davvero belli questi racconti. :bravo:

gigi
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12 settembre 1993 - 20 maggio 2012 - One Love
boa
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Re: Articoli tratti dal notiziario "l'Amico di Boarezzo"

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c' era una volta il Rico
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